DONNE E MOTORI
La moto al femminile tra il dopoguerra e gli anni del boom economico.

Introduzione
Prima della guerra la moto era una cosa da uomini. Anzi, un attrezzo per "manici". Era un oggetto complicato e pericoloso, scomodo e sporchevole. Il fatto che durante la guerra ci si è posti il problema dei mezzi di trasporto per il dopo e si è dato l'avvio alle produzioni di massa, forse inconsapevolmente all'inizio, ma, a ben vedere, secondo una visione oculata, si sono introdotte proposte di marketing che riguardavano anche il pubblico femminile, una su tutte, quella che è diventata ed è tutt'ora un must delle due ruote, la Vespa. La struttura della Vespa è la negazione [nel senso che sta all'opposto] e il superamento della moto anteguerra. E non è semplicemente adatta ad un uso quotidiano in abito "borghese", occhieggia anche a un pubblico femminile, invita le donne ad infilarsi i pantaloni e a prendere il largo. La donna in pantaloni è un'icona tipicamente americana giunta in Italia con la US Army, in Italia li infilano delle donne della Resistenza. Le signorine italiane, dalla fine del conflitto agli anni del boom hanno dovuto prima chiedersi se era "conveniente" per una giovane donna inforcare un mezzo motorizzato. Le bici "da donna" dotate di motorino ausiliario all'inizio, poi le prime realizzazioni di motocicli con il telaio a V per permettere anche alle signore di salirvi senza "scavalcare", e da ultima, ma non ultima, la moda dello scooter, coniugata in tante marche ed enfatizzata dalle prime campagne pubblicitarie "all'americana" hanno contribuito ad una nuova visione del ruolo della donna nella società e nelle attività legate al lavoro e al tempo libero, non più "l'angelo del focolare" evocato nelle canzonette di regime dell'anteguerra.

Prima parte
IL PASSATO
«Non siamo nate ieri»

E Dio creò la motocicletta, maschio e femmina Dio la creò: al Mutor [genere maschile] e la Moto [genere femminile]. Entrambi i generi costituiscono quell’unico mezzo che si sposta su due ruote grazie al moto alterno di uno o più pistoni trasmesso alla ruota posteriore grazie a una catena o a un albero cardanico. L’essere umano di sesso maschile, sotto l’influenza del testosterone che comincia a circolargli nelle vene, è preso dall’irrefrenabile, ardente passione, di conquistare, possedere, cavalcare, domare, giacere con…, in conclusione, di mostrare tutta la sua potenza virile verso i due oggetti del desiderio per eccellenza, la donna e la moto. Per il maschietto l’impiego energetico verso entrambi gli obiettivi è univoco, l’amore per le donne e per le moto coincide. Varia, ma non è detto, il quando: oggi pomeriggio prendo la mia moto e faccio un giro, stasera vado dalla mia ragazza e la prendo.
E la ragazza? A volte abbozza, decide di salire sulla moto, sul sedile di servizio, per tenersi stretto il suo uomo, a volte la donna sente la moto come una rivale, e state pur certi che prima o poi porrà l’alternativa al mammolone.
Gli uomini hanno sempre creduto di essere come Adamo nel paradiso terrestre, soli al centro del creato, dell’universo motociclistico che li circonda. Le cose non stavano esattamente così: specialmente nelle nazioni e tra i popoli dove le istanze del progresso si erano maggiormente affermate già all’inizio del secolo scorso, i movimenti femminili, oltre ad avanzare proposte sulla parità dei diritti, rivendicavano l’uguaglianza negli atteggiamenti, nei comportamenti, nelle abitudini. E qui ne portiamo le prove.
L’immagine è suggestiva, ma la moto è ferma, sennò tutte quelle vele che fanno assomigliare la signora a un clipper
sarebbero volate via col vento della corsa.
Seconda parte
DONNE D'AMERICA ON THE ROAD
Terza parte
EASY RIDER
On the road easy è la moto e easy è chi sta in sella

Ogni circostanza è favorevole per mettersi a proprio agio in sella alla moto nostra compagna di viaggio.
Quarta parte
MISS U.K

Dura la vita on e off road, quel che ci vuole perché lo spirito delle donne inglesi raccolga la sfida.
Il mio papà è il mio più grande tifoso!
Bellezza sofisticata che ama avventura condita di tecnologia e suspance: da 007 a Simon Templar.
La bellezza acqua e sapone per le sfide d’un tempo che fu.
Quinta parte
Mademoiselle la France
Brigitte Bardot, 1971.
Ritratta al Solex di Saint Tropez.
Un’icona per la bourgeoisie kaviar, la borghesia che ama vivere in maniera anticonvenzionale, bohèmienne, ma che non si fa mancare nulla.
Brigitte è stata ritratta più volte come Marianne, dell’eroina della Francia giacobina. Con lei i tre concetti fondanti del nuovo regime, Liberté, Egalité, Fraternité, diventano palpabili, fatti di carne e d’ossa. Più dell’essenzialità del telaio però attira l’abbondanza della ciccia.
Françoise Hardy.
Un sabato sera, siamo nel 1962, nel corso di una diretta televisiva di grande audience, viene trasmesso il suo singolo Tous les garçons et les filles de mon âge ed è il successo in tutto il mondo. La versione italiana da lei interpretata dice, Tutti i ragazzi che han la mia età…
Non passa molto tempo e la Piaggio lancia una campagna pubblicitaria, il cui slogan passerà alla storia: Chi Vespa mangia le mele.
Siamo negli anni Sessanta e molte convenzioni sono destinate a cadere. Le emozioni giovanili in cerca di fraternità, parità e libertà, viaggiano su due ruote.
Paris Match.
Si corre al Mans, il Bol d’Or. Il magazine Paris Match presenta la sfida che si disputerà tra i due contendenti di vertice, Triumph e Honda. Tra i 30.000 giovani assiepati lungo il circuito per seguire la gara non corre ormai alcuna distinzione. Anche la biondina esibisce caratteri orientali - pare uscita da un cartoon giapponese - ma cavalca una BSA. L’unica differenza in pista è tra tifosi, o le inglesi o le giap.
Sesta parte
Fräulein Isolde, prima e dopo…
Lui sembra riemerso dallo sportello di un U-Boot o sceso da un caccia Messerschmitt della Luftwaffe. Elementi rassicuranti di un’epoca di pace, per chi osserva l’immagine, oltre alla struttura inconfondibile della BMW, il serbatoio adatto alle lunghe distanze e la cura maniacale, tipicamente teutonica, di tutti i dettagli, sia personali che di finitura delle moto immortalate in questa sequenza fotografica. La Germania, si sa, ha perso la guerra, ma è già la locomotiva dell’economia europea e loro stanno completando gli ultimi preparativi per un viaggio, che, come avveniva spesso alla fine degli anni Cinquanta, li porterà da un capo all’altro del continente, allora diviso a metà da nord a sud dalla Cortina di Ferro incisa nelle carni vive della nazione tedesca. Lei molto wagneriana, anche per dimensioni fisiche e per i tratti somatici dolci, una Walkiria, che sta per iniziare una cavalcata lunga migliaia di kilometri accanto al suo uomo.
E le due foto in basso? Quanto di più anticonvenzionale per gli stereotipi sulla donna teutonica. La prima degli anni Cinquanta richiama, anche nell’atteggiamento e nel modo di vestire della protagonista le atmosfere alla Marlon Brando e alla James Dean le bande motociclistiche, i Ribelli, esaltate da Hollywood. La seconda è degli anni Settanta, evoca l’avvenuta rottura con la tradizione e la nuova sensibilità “verde”.
Settima parte
Fräulein Anke-Eve Goldmann

La ragazza che voleva correre in moto ma la FMI vietava alle donne di prendere parte alle gare di alto livello.
L’abbiamo già incontrata nella pagina precedente chiamandola Isolde: ora sappiamo il suo vero nome e uno spicchio della sua storia.
Alta e slanciata, con un sorriso aperto, pare non avere alcun timore reverenziale verso la categoria dei maschi che ha monopolizzato lo sport motociclistico.
Sembra che abbia preso parte sia a prove di endurance che di velocità, anche se la via alle gare del mondiale e del campionato nazionale le era preclusa a norma dei regolamenti FIM, che vietavano alle donne l’accesso alle gare di alto livello.
Ciò non le ha impedito di dedicarsi alle moto ad alte prestazioni e di frequentare i circuiti. Qui la vediamo al Nürburgring in sella a una Norton Manx.
Il pass per accedere alle piste, al di là della sue indubbie qualità di pilota, era l’abilità nel buttare giù articoli sia sulle competizioni, sia sui test di moto, che la stampa di mezzo mondo pubblicava; ricordiamo in particolare la sua collaborazione continuativa con la francese Moto Revue.
Il suo lavoro «vero», però, si svolgeva presso una base della U.S. Air Force in Germania come insegnate di tedesco per i figli dei militari americani di stanza nella base stessa. Non sarebbe piaciuto anche a voi, scolaretti ormai stagionati degli anni Cinquanta, avere alle elementari una maestra che saliva sulla moto con tanta naturale efficacia e la guidava in ogni situazione?
Ottava parte
Italia
Supermoto e moto per tutti.
È ancora Anke-Eve Goldmann. Siamo nella seconda metà degli anni Sessanta. Il tempo passa per tutti, ma la passione è sempre la stessa, anche se l’attrazione è tutta per un’italiana, la MV Agusta. Le emozioni di guida che può provare il campione del mondo più titolato possono essere replicate su strada, concesse anche a una donna che vuole il massimo dal suo mezzo.
Siamo negli anni Settanta e la moto è diventata la 750 Sport America, la moto al vertice.
Nona parte
Italia
La fidanzata degli italiani.
Elvira e la zia Assunta.

Anno 1950. È da ricordare perché [a] il Pil di quell’anno eguaglia quello del 1939, l’ultimo anno prima dell’entrata in guerra dell’Italia: la guerra è definitivamente alle spalle; [b] il prodotto industriale supera quello dell’agricoltura. Ma la mentalità degli italiani è ben più difficile da smuovere, legata ad abitudini ancestrali, all’ambiente agro-pastorale, alla prevalenza della campagna sulla città.
 
Questa commedia cinematografica, del 1953, diretta con mano abile e professionale da Billy Wilder ci mette molto del suo, nel passaggio dall’occhio alla mente, per avviare la modernizzazione dell’Italia. VACANZE ROMANE, con Gregory Peck, uno dei più yankee tra gli attori hollywoodiani, col fisique du rôle del militare in aspettativa, e lei, Audrey Hepburn, semisconosciuta fino a quel momento, con quel suo fisichino smilzo, che anticipa di una decina d’anni i canoni della moda per anoressiche che va tutt’ora; Il film, per gli italiani accaniti frequentatori delle sale cinematografiche dove sullo schermo si proiettano le forme opulente delle attrici della porta accanto come la Lollo, la Loren, la Pampanini, lancia due nuove icone che sembrano prese dal foglio di un designer futurista: la Hepburn, il suo vitino di vespa, come si diceva allora, e la Vespa. Entrambe diverranno famose in tutto il mondo.
La sorellina ed il Sanremo.

L’altra spinta alla modernizzazione: di fronte ai nuovi modelli che la motorizzazione di massa rende disponibili, fidanzate, sorelle, zie e nipotine non sanno resistere al fascino di un passaggio sul sellino posteriore, e ben presto chiedono di sedere al posto di guida e di impugnare i comandi.

Caprioli e cerbiatte.

Cassino 1958.
Decima parte
Anni 50

Gamine - monella.

Vespa caprese.

Casavecchia (MC) 1952.

Gilera.

Udine 1958.

Fonzarelli.
Decima parte
Anni 60
Il disagio giovanile, le bande l’una contro l’altra armate… di scooter e moto.
Mods vs Rockers
Chi sono i Mods?
MODS sta per Modernists, e nell’Inghilterra degli anni Sessanta questa etichetta indicava i giovani ben vestiti. In genere prediligevano le uniformi scolastiche e guidavano sempre scooter italiani come Lambretta e Vespa. I ragazzi si distinguevano per un look raffinato e sofisticato che prevedeva abiti sartoriali italiani con revers stretti, cravatte sottili, camicie button-down, maglionicini di cachemere col girocollo o col collo a V, scarpe a punta, stivaletti o mocassini con le nappe, desert’s boot della Clark e scarpe da bowling. Amavano personalizzare il loro stile, prediligendo alcuni simboli chiave della loro cultura, tra i quali la Union flag o lo stemma della Royal Air Force, che applicavano spesso sulle loro giacche. Le ragazze mod si vestivano in modo androgino, con pantaloni e maglie da uomo, scarpe basse e giusto un filo di trucco, unico segno di femminilità ammesso erano le vertiginose minigonne, di anno in anno sempre più corte. Col tempo lo stile delle ragazze mod mutò verso scelte meno estreme ed arrivò ad identificarsi con quello della famosissima modella Twiggy, ascoltavano il rock & roll britannico di gruppi come The Who, The Kinks, The Yardbirds e The Rolling Stones.
Chi sono i Rockers?
I ROCKERS vestivano in pelle ed utilizzavano spille ed oggetti metallici, portavano capelli impomatati, basette lunghe o baffi e agli scooter italiani preferivano di gran lunga le motociclette di grossa cilindrata, spesso modificate. L’abbigliamento tipico dei Rokers era ispirato ai re del rock and roll americano ed era costituito da giubbotto di cuoio borchiato con spille che ricordavano l’appartenenza al “59 Club” (The Fifty Nine Club, conosciuto come il 9, un club motociclistico britannico di rilevanza internazionale il cui stemma è una medaglia bianca con un 59 nero al centro), stivali da motociclista – possibilmente sporchi – o scarpe antinfortunistiche, jeans Levi’s macchiati e sdruciti, fazzoletto al collo - da alzare sul viso durante le guerriglie urbane - ed il mitico Kagney, il berretto di cuoio del quale nessun Rocker avrebbe mai potuto privarsi. In moto erano, invece, d’obbligo occhiali da aviatore e una sciarpa, in genere bianca!Per atteggiamenti e modo di vestire questi erano sicuramente più mascolini, uno stile che si rifletteva in comportamenti spesso violenti e sopra le righe (i Mods li consideravano, infatti, bulletti ignoranti e cafoni!). Non solo il look, ma anche i gusti musicali dei rockers erano molto distanti da quelli dei mods: i loro idoli erano gli artisti bianchi degli anni Cinquanta e Sessanta come Elvis Presley, Gene Vincent e Eddie Cochran.

A volte occorre guardare oltre la barriera costituita dal gruppo, oltre le consuetudini e gli schemi della tribù.


Maverick, la ragazza che ha fatto il salto fuori dal cerchio.

Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati» «Dove andiamo?» «Non lo so, ma dobbiamo andare ». (Jack Kerouac - On the road).
Perché le soluzioni al problema dell’arrivare, dell’integrazione sociale dei giovani, venivano presentate in un’ottica elementare, lo potete vedere qui accanto: o imboccare, alla maniera di Jack Kerouac, una via qualunque, purché portasse da una qualche parte e decidere di fermarsi quando si voleva, o cercare un uomo molto sexy disposto a farti dei bei regali. ovviamente cambio pari. Si sa, la cosa più sexy di un uomo è il suo grosso conto in banca.

Undicesima parte
Anni 70
Capelli lunghi e lisci, pantaloni a zampa d’elefante, camicia jeans e gilet, la chitarra buttata a tracolla dietro le spalle, il ragazzo, o la ragazza - è indifferente, c’è la parità sessuale - ci volta le spalle, secondo l’icona della Wrangler, perché alle spalle si è messo/a la quotidianità, la vita in prosa, i problemi di tutti i giorni. Cittadine del mondo, davanti a loro c’è l’avventura, da affrontare, i luoghi mitici da visitare, la vita piena da vivere. La vita è musica, poesia, ritmo, levità, spontaneità. La vita è altrove.
FINE